08 giugno 2021
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L’acquisto di cripto-attività (cd. crypto-asset), non essendo soggetto alle norme in materia di trasparenza dei prodotti bancari e dei servizi di investimento, continua da un lato a non avere specifiche forme di tutela, dall’altro a non essere assoggettato a forma alcuna di supervisione o di controllo da parte delle Autorità di vigilanza, quali Banca d’Italia e Consob. In particolare, l’adesione a offerte di prodotti finanziari correlati a cripto-attività (si pensi ai cd. digital token) costituisce un investimento altamente rischioso, soprattutto quando le offerte sono effettuate da operatori abusivi, non autorizzati, non regolati e non vigilati da alcuna Autorità.
In un comunicato recentemente rilasciato dalla Financial Conduct Authority (FCA), l’ente di regolamentazione finanziaria del Regno Unito, emerge che un numero molto elevato di società operanti nel settore delle criptovalute – generatore “naturale” di nuove sfide nel contrasto al riciclaggio, come analizzato brevemente in “Nuove sfide nella lotta al riciclaggio: la crypto arte tra NFT e AML” – non soddisfa gli standard previsti dalle Money Laundering and Terrorist Financing (Amendment) Regulations 2019.
L’incapacità di soddisfare i rigidi standard antiriciclaggio sta costringendo molte società crypto nel Regno Unito a chiudere i battenti: secondo un report di The Guardian sono ben 51 le società che hanno ritirato la propria richiesta di licenza. Queste società dovranno pertanto interrompere tutti i servizi legati alle crypto per non incorrere in sanzioni e azioni legali da parte della FCA. Le stesse potranno riprendere le operazioni solo dopo aver soddisfatto i protocolli AML, il che consentirà loro di essere inserite nella lista delle aziende crypto registrate.
La FCA. Dal gennaio 2020 la Financial Conduct Authority è l’autorità AML per il mercato crypto inglese, evento che ha portato alla registrazione obbligatoria per le società dell’isola legate alle criptovalute.
La FCA ha prolungato di nove mesi il regime di registrazione temporaneo, portandolo da luglio 2021 a marzo 2022, estensione che ha concesso il tempo necessario a esaminare la lista di richieste di registrazione in sospeso (attualmente 90). Oggi sono infatti solo cinque le società crypto registrate nel Regno Unito. Le società che non soddisferanno i requisiti AML dettati dalla FCA entro il termine del periodo di registrazione saranno tenute anche a rimborsare tutti i depositi dei clienti.
Antiriciclaggio e operazioni in arte. Intanto, nel settore delle arti visive, dilaga ancora la mancanza di conoscenza e di fiducia in merito alla normativa antiriciclaggio: chi sono i soggetti obbligati? quali sono le misure da adottare per essere conformi? Quesiti particolarmente rilevanti, considerando che per l’arte contemporanea acquista sempre maggiore importanza la possibilità di avviare attività di marketing diretto, volto a promuovere la vendita delle opere direttamente presso la clientela, anche attraverso i canali social, facendo quindi a meno di affidarsi alla rappresentanza di gallerie o di art dealer. Sono tuttavia molti gli artisti che non dispongono delle risorse finanziarie o degli specialisti necessari per far fronte alle esigenze pratiche che la normativa antiriciclaggio pone.
In particolare, tra gli obblighi derivanti dall’implementazione della Direttiva (UE) 2018/843 del 30 maggio 2018, V Direttiva Antiriciclaggio, prioritario è quello di condurre una più rigorosa due diligence sul cliente – redigendo e conservando una lista di controllo dei documenti e delle procedure necessarie per verificarne l’identità – e di effettuare una valutazione del rischio volta a considerare se le informazioni in possesso siano sufficienti e aggiornate.
Il dato letterale della direttiva è in grado di ingenerare confusione già a partire dalla definizione di “opera d’arte”, per la quale viene utilizzata una dicitura – presente nella legge sull’imposta sul valore aggiunto del 1994 – che esclude performance, installazioni, arte digitale e video o cinematografica, nonché oggetti d’antiquariato, auto d’epoca, orologi, gioielli, libri antichi, reperti archeologici, monete, oggetti etnografici e francobolli.
Ecco allora che, nel persistere dei dubbi interpretativi, si preferisce adottare un approccio unico per tutti i generi d’arte. La fumosità attiene poi anche altri punti, come quello relativo alla modalità con cui i mercanti extracomunitari che operano solo temporaneamente in Europa saranno obbligati a rispettare le normative antiriciclaggio.
Di recente l’HM Revenue and Customs (HMRC), il Tesoro del Regno Unito, ha cercato di dissipare qualche dubbio con un comunicato che esonera gli artisti dalle nuove norme antiriciclaggio che entreranno in vigore il 10 giugno.
Gli artisti tirano quindi un sospiro di sollievo, attesa l’incertezza relativa soprattutto alla classificabilità come Art Market Participants (Amp) per chi vende opere direttamente ai collezionisti. L’etichetta di Amp fa scattare l’obbligo di rispettare le procedure AML quando il valore delle transazioni, anche se frazionate o collegate, oltrepassa la soglia di valore di 10.000 euro, in virtù di quanto previsto dalla quinta direttiva antiriciclaggio.
Tocca sperare che dal 10 giugno la veste di artista non venga utilizzata da chi, attraverso l’arte, ricicla denaro.
L’applicazione della quinta direttiva riguarderà anche le piattaforme che scambiano opere collezionabili e crypto arte. Sebbene i diversi digital marketplace dichiarino nei loro Terms of Service e nelle Community Guideline di essere in regola in materia, non è difficile immaginare che tra le maglie degli scambi digitali, intrecciate da entusiastici consensi per le royalties immediate agli artisti, possa nascondersi anche il riciclaggio di denaro.
Il "Moneyval Annual Report for 2020". Dati non propriamente confortanti giungono dall’organismo del Consiglio d’Europa che si occupa di lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo: Moneyval. Dal commento alla relazione annuale pubblicata per il 2020 emerge come l’efficacia delle azioni degli Stati sia “moderata” e il grado di conformità agli standard antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo sia “insoddisfacente”. In particolare, difettano di efficienza: la “vigilanza del settore finanziario, la conformità del settore privato, la trasparenza delle persone giuridiche, le condanne per riciclaggio e confisca dei beni, che rimangono molto limitate”, ma anche le sanzioni finanziarie contro il terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa.
L’analisi sottolinea le significative differenze di percezione del rischio globale tra le Autorità di vigilanza dei settori non finanziari (avvocati, notai, contabili, casinò, fornitori di servizi fiduciari e aziendali, agenti immobiliari, commercianti di metalli preziosi e pietre) e come, in tutti i paesi, avere un unico supervisore per i diversi settori non finanziari migliori l’efficacia in maniera accettabile, a condizione che il supervisore disponga di adeguati poteri e risorse. Ebbene, sono invece state rilevate risorse insufficienti per il 63% delle giurisdizioni valutate.
Le uniche note positive messe in risalto dall’Organismo europeo riguardano la cooperazione internazionale e l’uso dell’intelligence finanziaria: secondo il rapporto, il 90% delle giurisdizioni richiede regolarmente la cooperazione internazionale attraverso l’assistenza legale reciproca e lo scambio di informazioni. In definitiva, si tratta di un vero e proprio monito a compiere ulteriori sforzi per garantire l’efficacia dei quadri legali e istituzionali messi a punto nei mesi scorsi, anche in considerazione dei nuovi rischi, e dunque delle nuove sfide, derivanti dalla pandemia (l’aumento delle operazioni online e l’utilizzo di valute virtuali che sempre più spesso conducono a crimini informatici; i nuovi schemi di investimento fraudolenti, la vendita di farmaci contraffatti, etc.).