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L’ente estinto può essere condannato per illeciti 231: la pronuncia del GIP di Milano

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L’ente estinto può essere condannato per illeciti 231: la pronuncia del GIP di Milano

   

03 gennaio 2023

gip
I diritti delle immagini appartengono ai rispettivi proprietari (che saremo lieti di indicare in caso di richiesta).

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, con sentenza n. 2993 del 15 novembre 2022, ha deciso che la cancellazione di una società dal registro delle imprese non ne impedisce la condanna per un illecito ex D. Lgs. n. 231/2001, se Pm e difesa avevano raggiunto un accordo sull’applicazione della pena.

Il fatto. Nel 2019 il Pm emetteva avviso di conclusione delle indagini nei confronti della amministratrice unica di una società, indagata per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all’art. 316 ter c.p., commesso tra il 2016 e il 2017 ai danni dell’I.N.P.S. L’organo requirente procedeva inoltre a contestare alla società l’illecito amministrativo dipendente da reato, per essere stato il delitto in questione realizzato da persona fisica in posizione apicale, nell’interesse e a vantaggio dell’ente, in mancanza di un adeguato programma di prevenzione.

Due mesi dopo, la società, costituitasi nel procedimento, depositava – con il consenso del Pubblico Ministero – istanza di applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 63 D. Lgs. n. 231/2001, atto idoneo a cristallizzare, in via definitiva, la contestazione elevata dal Pm nei confronti dell’ente (analogamente a quanto accade in ipotesi di patteggiamento della persona fisica in fase di indagine).

Gli effetti della cancellazione dell'ente. Il GIP di Milano, rilevata la cancellazione dell’ente, avvenuta più di due anni dopo, afferma che, per evitare che successive iniziative dei soggetti interessati possano sortire «l’effetto di paralizzare la risposta dell’ordinamento all’illecito dell’ente, ragioni di sistema impongono di escludere che si possa identificare la mera cancellazione dal Registro delle Imprese quale causa ostativa alla pronuncia di una sentenza pregiudizievole nei confronti della società».

La cancellazione lascerà quindi impregiudicata la possibilità della pronuncia pregiudizievole, cui seguirà una fase esecutiva fondata sulla finzione giuridica della persistenza in vita dell’ente.

La responsablità amministrativa dell'ente. Risolta la questione pregiudiziale di rito, il GIP accoglie la richiesta di applicazione della sanzione, ritenendo la responsabilità dell’ente ai sensi dell’art. 24 D. Lgs. n. 231/2001 ampiamente provata dall’esito dell’ispezione eseguita presso la sede della società, ma attenuata:

«Tenuto conto dell’ammontare indebitamente percepito e dello sforzo profuso dalla società nell’ottica di rifondere completamente il soggetto pubblico danneggiato, mediante pagamenti rateizzati, comprensivi d’interessi e sanzioni amministrative, si reputa corretto il riconoscimento della circostanza ex art. 12 comma I lett. b) D. Lgs. n. 231/2001».

Sulle modalità di esecuzione della condanna il Gip non si pronuncia, spetterà quindi al Pm decidere come procedere.

Il possibile pregiudizio per i soci. Com’è noto, l’ipotesi di estinzione dell’ente non è disciplinata dal D. Lgs. n. 231/2001 che, all’art. 70, fa riferimento alle sole vicende modificative della trasformazione, della fusione e della scissione dell’ente responsabile. Il silenzio del legislatore ha così ingenerato, in giurisprudenza, due contrapposti orientamenti.

Il primo orientamento, seguito dal Tribunale di Milano nella pronuncia esaminata, è volto a impedire cancellazioni “di comodo” e rispecchia l’interpretazione della Cassazione data nella sentenza n. 9006 del 17 marzo 2022 (in precedenza analizzata in La Cassazione sul rapporto tra cancellazione dell’ente dal registro delle imprese e illecito 231): la lacuna del Decreto 231 «non può indurre ad accontentarsi di un accostamento che appare solo suggestivo con l’estinzione della persona fisica». Da tale evento può quindi derivare, per le società di capitali, un fenomeno successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente, anziché estinguersi, si trasferiscono ai soci che – a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui sono soggetti pendente societatene rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, non avendo luogo una divisione in senso tecnico ai sensi degli artt. 2493 e 2495, comma 3, c.c. (Cassazione civile, Sezioni Unite, sent. n. 6070/2013).

Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, ritiene l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente assimilabile alla morte dell’imputato ed esclude, quindi, la possibilità di applicare, in materia penale, l’impostazione successoria civilistica1.

In definitiva, nel caso analizzato, se, da un lato, il riconoscimento della attenuante consente all’ente di beneficiare dell’esclusione delle sanzioni interdittive, ai sensi dell’art. 13, comma 3 del D. Lgs. n. 231/2001, dall’altro la pronuncia del Gip di Milano potrebbe esporre i soci al pregiudizio derivante dall’attrito di tale impostazione con il principio di personalità delle sanzioni amministrative.

 

Cfr., ex multis, Cass. pen., sez. II, 10 settembre 2019, n. 41082, Starco srl, nonché Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2021, n. 25492, Mungari.

G.R.A.L.E.

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