28 dicembre 2022
Con sentenza n. 9006 del 17 marzo 2022, la Cassazione, IV sezione penale ha affermato che la cancellazione dal registro delle imprese di una società cui è stata contestata la responsabilità da reato ex D. Lgs. n. 231/2001, per un delitto commesso nel proprio interesse o a proprio vantaggio, non determina l’estinzione dell’illecito addebitato. La pronuncia segna un revirement giurisprudenziale su una delle questioni più controverse in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti: le conseguenze dell’intervenuta estinzione sul procedimento ex D. Lgs. n. 231/2001.
Il fatto. Nel 2020 la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Modena che nel 2016, all’esito di giudizio abbreviato, aveva statuito la responsabilità dei legali rappresentanti di una s.r.l. – imputati per il reato di lesioni colpose, commesso nel 2013 in violazione della disciplina antinfortunistica – e della società stessa, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies, comma 3, del D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione al reato di cui all’art. 590 c.p.
Nel ricorso per Cassazione, il difensore della società prospettava le seguenti doglianze: I) l’omessa declaratoria di estinzione dell’illecito – sollecitata in appello – in ragione della documentata cancellazione della società dal registro delle imprese che, come affermato da dottrina e giurisprudenza (si richiamava al riguardo Cass. Sez. 2, sent. n. 41082 del 10/09/2019), sarebbe da assimilare, quanto a effetti, alla morte della persona fisica; II) la violazione degli artt. 546 e 598 c.p., per la mancata esposizione, nella sentenza impugnata, dei motivi di diritto su cui la stessa era fondata, nonché delle ragioni per cui non sono state ritenute attendibili le circostanze addotte dalla difesa in ordine alla insussistenza della violazione dell’art. 111 del D. Lgs. n. 81 del 2008.
La pronuncia della Cassazione. Nell’affrontare il ricorso esperito nell’interesse dell’ente, i giudici premettono che, a differenza delle persone fisiche, la richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe il corso della prescrizione e lo sospende fino alla pronunzia della sentenza che definisce il giudizio, come previsto espressamente dall’art. 22, comma 4, del D. Lgs. n. 231/2001. Inoltre, in apparente contrasto con l’art. 35 dello stesso Decreto, che prevede l’applicazione all’ente delle disposizioni processuali relative all’imputato in quanto compatibili, si osserva che:
«la cancellazione dal registro delle imprese della società alla quale si contesti (nel processo penale che si celebra anche nei confronti di persone fisiche imputate di lesioni colpose con violazione della disciplina antinfortunistica) la violazione dell’art. 25-septies, comma 3, del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in relazione al reato di cui all’art. 590 cod. pen., che si assume commesso nell’interesse ed a vantaggio dell’ente, non determina l’estinzione dell’illecito alla stessa addebitato», non potendosi assimilare tale ipotesi, non disciplinata tra le vicende trasformative dell’ente, alla morte dell’imputato-persona fisica».
La Cassazione, almeno in due sentenze precedenti, aveva invece affermato l’esatto opposto (cfr., ex multis, Cass. pen., sez. II, 10 settembre 2019, n. 41082, Starco srl1, nonché, più di recente, Cass. pen., sez. V, 27 aprile 2021, n. 25492, Mungari):
«In tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente (nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare) determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato» (principio richiamato nella parte motiva della recente sentenza di Sez. 5, n. 25492 del 27/04/2021, Mungari ed altri, non mass. sul punto.)»
Con un approccio teleologico – secondo i giudici vi sarebbe, infatti, una lacuna di tutela se si ammettesse il precedente orientamento – la Suprema Corte afferma allora che occorre dissentire rispetto al riferito orientamento:
«Pur volendo prescindere dalle implicazioni pratiche, agevolmente intuibili, discendenti dalle estrema facilità di cancellazioni “di comodo” dal registro delle imprese, con conseguente irresponsabilità per eventuali illeciti posti in essere nell’interesse o a vantaggio degli enti, e anche dalle difficoltà nell’accertamento “della eventuale responsabilità degli autori della cancellazione “patologica”” (così alla p. 5 della richiamata motivazione di Sez. 2, n. 41082 del 10/00/2019, Starco s.r.l.), a non persuadere è la giustificazione su cui poggia il riferito ragionamento, cioè il parallelo estinzione dell’ente/ morte della persona fisica.
E’ agevole osservare, infatti, che la sezione II del capo II della L. n. 231 del 2001 (artt. 28 e ss.) disciplina in maniera articolata le vicende trasformative dell’ente, prevedendo espressamente che in caso di trasformazione, fusione e scissione resta ferma la responsabilità per gli illeciti commessi anteriormente alla data della trasformazione (art. 28), sicché l’ente risultante dalla fusione risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (art. 29), che in caso di scissione resta ferma la responsabilità dell’ente scisso per i reati commessi (art. 30, comma 1), che gli enti beneficiari della scissione, anche solo parziale, sono obbligati in solido al pagamento delle sanzioni dovute dall’ente scisso (art. 30, comma 2) e che in caso di cessione dell’azienda il cessionario rimane solidalmente obbligato (art. 33). Inoltre, nel caso di trasformazione, di fusione o di scissione dell’ente originariamente responsabile, il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti dalle vicende modificative o beneficiari della scissione, che partecipano al processo nello stato in cui si trova (art. 42)».
Inoltre, il silenzio del legislatore in merito alle vicende estintive dell’ente «non può indurre ad accontentarsi di un accostamento che appare essere solo suggestivo con l’estinzione della persona fisica». Invero, le cause estintive dei reati sono notoriamente un numerus clausus, non estensibile, e quando il legislatore ha inteso far riferimento a cause estintive degli illeciti in materia di responsabilità delle persone giuridiche, lo ha fatto espressamente (come all’art. 8 comma 2 del D. Lgs. n. 231/2001, per l’amnistia, e all’art. 67, prevedendo l’adozione di sentenza di non doversi procedere solo quando il reato dal quale dipende l’illecito amministrativo dell’ente è prescritto, e quando la sanzione è estinta per prescrizione).
Essendo poi pacifico il principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite (S.S. U.U., n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland Spa e altro, Rv. 263682) secondo cui «[I]n tema di responsabilità da reato degli enti, il fallimento della persona giuridica non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal d.lgs. n. 231 del 2001», non si comprenderebbe la ratio di un diverso trattamento della cancellazione della società, da cui discenderebbe l’estinzione dell’illecito amministrativo contestato all’ente, rispetto al caso di dichiarazione di fallimento, allorché è espressamente prevista l’esclusione dell’effetto estintivo. Ancora, il richiamo che il difforme orientamento interpretativo opera all’art. 35 del D. Lgs. n. 231/2001 trascura che il rinvio operato dal legislatore alle disposizioni processuali relative all’imputato non è indiscriminato, ma solo «in quanto compatibili».
In definitiva, in attesa di un pronuncia delle Sezioni Unite sul tema, la Suprema Corte sembra voler porre l’accento sul fatto che la cancellazione della società, sebbene possa certamente porre un problema di soddisfacimento del relativo credito, non pone un problema di accertamento della responsabilità dell’ente per fatti anteriori alla sua cancellazione: responsabilità che nessuna norma, attualmente, fa venir meno per effetto della cancellazione dell’ente.
1 In un caso di cancellazione di una srl a seguito di chiusura della procedura fallimentare, la Cassazione aveva annullato la condanna ritenendo che tale evento produceva l’estinzione della persona giuridica “accusata” e, pertanto, impediva la prosecuzione del processo.