Loading...

Responsabilità dell’ente e “ne bis in idem”: l’archiviazione della Procura di Milano per il caso DHL

Home - News - Novità - Responsabilità dell’ente e “ne bis in idem”: l’archiviazione della Procura di Milano per il caso DHL

Responsabilità dell’ente e “ne bis in idem”: l’archiviazione della Procura di Milano per il caso DHL

   

05 gennaio 2023

DHL
I diritti delle immagini appartengono ai rispettivi proprietari (che saremo lieti di indicare in caso di richiesta).

La responsabilità della società ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001 è da escludersi se la sanzione tributaria risulta essere da sola proporzionata, dissuasiva ed effettiva rispetto all’interesse dello Stato alla percezione dei tributi. Le argomentazioni contenute nel decreto di archiviazione depositato lo scorso 11 novembre dalla Procura di Milano, oltre a evitare duplicazioni sul piano sanzionatorio, sono volte a incentivare l’adozione di modelli virtuosi di gestione e organizzazione dell’ente.

Il fatto. In data 21.11.2019 veniva iscritto un procedimento penale nei confronti della nota multinazionale di trasporti DHL Supply Chain (Italy) S.p.A. che, nel 2021, si vedeva contestato, ai sensi dell’art. 25-quinquiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001, il reato di dichiarazione fraudolenta connesso all’intermediazione illecita di manodopera, per aver i vertici posto in essere l’illecito penale di cui all’art. 2 del D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 nell’interesse e a vantaggio della società stessa («dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti»).

Il caso giungeva in Cassazione a seguito del ricorso presentato dai difensori della società avverso l’ordinanza, emessa dal Tribunale del Riesame di Milano, di conferma del provvedimento cautelare reale con cui il GIP aveva disposto il sequestro preventivo – finalizzato alla confisca – di alcune somme di denaro.

La Corte di Cassazione, Sez. III Penale, con sentenza n. 16302, depositata il 28 aprile 2022, ravvisando la sussistenza delle esigenze cautelari, rigettava il ricorso e riconosceva, per la prima volta, la “responsabilità 231” in materia di reati tributari, relativamente agli illeciti previsti dall’art. 5, lett. a), art. 6, lett. a) e art. 25-quinquiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001, commessi dalla società in Italia fino all’aprile del 2021.

In particolare, la Cassazione rilevava che la società non assumeva i lavoratori di cui necessitava per erogare i propri servizi, erogando invece la prestazione con l’impiego di la forza lavoro fornita da altri soggetti, mediante la stipulazione di un contratto di appalto non genuino e una somministrazione illecita di manodopera. Tali condotte, secondo la Corte, avrebbero generato: (i) una concorrenza sleale tra imprese per l’alterazione delle regole del mercato e (ii) una forma di evasione fiscale e contributiva, con particolare riferimento all’IVA.

In data 11 novembre 2022, la Procura milanese, rilevata la memoria difensiva depositata la scorsa estate dai legali della DHL Supply Chain (Italy) S.p.a., ha disposto l’archiviazione del procedimento ex art. 58 D. Lgs. n. 231/2001 perché incompatibile con la garanzia europea del ne bis in idem.

La Procura di Milano sul ne bis in idemIl decreto di archiviazione, oltre a interessanti considerazioni sugli indici sintomatici del reato di somministrazione illecita di manodopera, nonché sul tema della “colpa in organizzazione” – anche alla luce della più recente giurisprudenza (vd. Impregilo, Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 23401/2022) – si focalizza sul tema del ne bis in idem. Il principio, riconosciuto a livello internazionale dall’art. 4 prot. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e, a livello comunitario, dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), volto a impedire la duplicazione di procedimenti e condanne in relazione ai medesimi fatti, alimenta da tempo un acceso dibattito nell’ambito del diritto penale tributario. 

Nel caso di specie, avendo la società in precedenza pagato le sanzioni tributarie irrogatele ai sensi del D. Lgs. n. 471/1997, a seguito della definizione del complementare procedimento tributario mediante la procedura del ravvedimento operoso, la Procura milanese valuta l’opportunità della prosecuzione del procedimento ex D. Lgs. n. 231/2001, al fine di evitare indebite duplicazioni sul piano sanzionatorio, e dunque possibili pregiudizi per i diritti fondamentali riconosciuti a livello europeo dai citati art. 4 prot. 7 della CEDU e art. 50 della CDFUE.

Il decreto di archiviazione prende le mosse dalle note sentenze della Corte Edu relative ai casi Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014, A e B c. Norvegia del 15 novembre 2016 e, relativamente ai criteri illustrativi della natura sostanzialmente penale delle sanzioni amministrative, richiama la sentenza Engel e altri c. Paesi Bassi dell’8 giugno 1976.

Con riferimento all’idem factum, viene rilevato che le condotte di frode fiscale per cui si procede ex D. Lgs. n. 231/2001 sono esattamente le stesse contestate dall’Agenzia delle Entrate nel processo verbale di constatazione. La “medesimezza” del fatto è apprezzabile alla luce delle circostanze fattuali concrete, indissolubilmente legate nel tempo e nello spazio. Bisogna quindi considerare il fatto storico, a nulla rilevando la diversa qualificazione giuridica.

Così ragionando, il fatto posto a fondamento della sanzione tributaria e quello alla base della “sanzione 231” sono identici: la dichiarazione IVA fraudolenta per l’illecito amministrativo fiscale e per l’illecito penale (art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, richiamato dall’art. 25-quinquiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001).

Le sanzioni tributarie già irrogate, aventi natura dissuasiva e afflittiva, per la Procura milanese sono da ritenersi “sostanzialmente penali” alla luce dei c.d. criteri Engel: qualificazione dell’illecito secondo l’ordinamento nazionale, natura della violazione, natura, gravità e scopo della sanzione. Trattandosi di criteri alternativi e non cumulativi, è sufficiente che la fattispecie possa essere considerata “penale”, oppure che l’accertamento dell’illecito abbia esposto l’interessato a una sanzione che, “per natura e livello di gravità”, rientri in linea generale nell’ambito della “materia penale”.

L’inflizione delle eventuali sanzioni previste in relazione alla responsabilità amministrativa da reato comporterebbe, invece, una violazione del principio di proporzionalità e del divieto di bis in idem.

La stretta connessione temporale e materiale. Un ulteriore aspetto considerato nel decreto in esame riguarda proprio la “stretta connessione temporale e materiale” tra i due procedimenti (sentenza Corte Edu A e B c. Norvegia del 15 novembre 2016). Si tratta di una valutazione sulla circostanza per cui il processo penale e il processo amministrativo si svolgano in tempi distinti e lontani fra loro e la sanzione complessivamente applicata al termine dei due giudizi sia eccessivamente gravosa per il privato (Cass. n. 6993/2018 e Corte Cost. n. 43/2018). Nel procedimento in esame, la Procura milanese non ritiene sussistente la proporzionalità della sanzione complessivamente irrogata, canone di cui si deve tener conto anche con riferimento alla irrogazione di sanzioni “sostanzialmente penali”. In altre parole, il rischio è che dal cumulo delle sanzioni pecuniarie derivi un eccesso punitivo, anche alla luce dell’ammontare della sanzione già irrogata dall’Agenzia delle Entrate e corrisposta dalla società (pari a 10.899.456,40 euro).

La condotta riparatoria della multinazionale. Prima di giungere alla decisione di non proseguire con il procedimento concernente la responsabilità amministrativa dell’ente, la Procura milanese ha preso in considerazione anche la condotta tenuta dalla multinazionale durante il corso di entrambi i procedimenti, valutando l’impegno profuso nella riparazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato. Nel decreto si fa espresso riferimento al Modello organizzativo di gestione e controllo (cd. MOG) adottato dalla società, volto al contrasto della macro-area di rischio relativa ai rapporti con i fornitori di beni e servizi, e al progetto di assunzione di lavoratori operanti presso i fornitori. A giudizio della Procura, tali elementi rappresentano un chiaro segnale di intenzioni societarie perfettamente in linea con un contesto di piena legalità.

«Ciò determina, evidentemente, una netta cesura con il precedente assetto organizzativo (…) sicchè, anche alla luce della considerazioni sopra esposte, la prosecuzione del procedimento ex D. Lgs. n. 231/2001 costituirebbe un’indebita duplicazione, che sfocerebbe nella sottoposizione, ormai non più giustificata, della società agli ulteriori effetti stigmatizzanti e afflittivi che il coinvolgimento in un procedimento penale comporta».

La pretesa punitiva dello Stato può quindi fare un passo indietro dinanzi a determinati comportamenti dell’ente che possano essere considerati parte di un programma di “ripristino della legalità”. È questo l’elemento di novità indicato nel decreto: andare in direzione della responsabilizzazione dell’ente rispetto ai fatti contestati, consentendo allo stesso di adottare modelli virtuosi di gestione e di riorganizzazione, al fine di rendere possibile un suo “reinserimento”, concependo la risposta punitiva come extrema ratio, al pari di quanto costituzionalmente garantito per l’individuo.

G.R.A.L.E.

Via Mazzocchi, 68
Palazzo Melzi
81055 Santa Maria Capua Vetere (CE)

C.so Umberto I, 34
80138 Napoli

 

Iscriviti alla Newsletter
Ricevi i nostri aggiornamenti
Iscriviti tramite Facebook
... oppure inserisci i tuoi dati:
L'indirizzo al quale desideri ricevere le newsletter.
Acconsento al trattamento dei miei dati personali (Regolamento 2016/679 - GDPR e d.lgs. n.196 del 30/6/2003)  Privacy